Leadership: qual è lo stile migliore e più efficace?

Come trovare lo stile di leadership più adatto alla situazione, tra adattamento e flessibilità

Alessandra Bianchi
Alessandra Bianchi

Coach e Trainer, Main Partner Coaching You

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Negli ultimi decenni, sono state teorizzate diverse classificazioni e stili di leadership. In linea di principio, non esiste una teoria migliore o peggiore, come non esiste uno stile di leadership in assoluto più funzionale.

La funzionalità, e quindi l’efficacia, dello stile di leadership, dipende piuttosto dal contesto in cui la leadership viene esercitata e dagli obiettivi organizzativi.

In questo momento storico, soggetto a veloci cambiamenti, saper leggere il contesto nel quale interagiamo diventa quindi un’abilità imprescindibile. Comprendere in tempi ristretti le dinamiche principali, le emozioni proprie e degli altri presuppongono ascolto, osservazione e velocità di adattamento per correggere il tiro e poter raggiungere gli obiettivi, che siano propri o dell’organizzazione in cui lavoriamo.

Da questa lettura del contesto, deriva, o dovrebbe derivare, la scelta dello stile di leadership da agire.

Tre quindi i presupposti sottesi:

  1. conoscere gli stili di leadership
  2. riconoscere il proprio stile principale
  3. agire stili diversi con flessibilità
In questo articolo parleremo di:

Leader si nasce o si diventa? Cosa rende una persona un leader?

Per quanto chi è dotato di una spiccata leadership utilizzi strategie, uno stile comunicativo, un modo di interagire assolutamente peculiari, gli studi e le ricerche in tal senso hanno delineato un “fil rouge”, che palesa alcune caratteristiche imprescindibili per essere considerato un vero e proprio Leader. Tra gli esperti in materia, come gli psicologi, si è convenuto che un Leader ha doti naturali per un terzo e per due terzi le acquisisce con lo studio e l’esperienza nell’arco della vita.

Analizziamo più da vicino il comportamento: un Leader “moderno” ascolta i propri collaboratori, si fida di loro, crede nel loro potenziale e li accompagna ad esprimerlo appieno. Fa di tutto per renderli autonomi e responsabili, gli consente di commettere errori e di trarne un importante insegnamento, non cerca mai un capro espiatorio, elogia in pubblico e corregge in privato. È in grado di dare feedback costruttivi, individua i punti di forza dei propri collaboratori ma anche le aree di miglioramento. Un vero Leader sa ricevere feedback, ha bisogno di comprendere come viene percepito all’esterno, per attuare miglioramenti personali.

Come diceva Napoleon Hill “Un leader percorre un miglio in più”, ergo non si accontenta. È consapevole che l’impegno, la costanza, la perseveranza pagano sempre; non fa drammi quando qualcosa non va, piuttosto cerca nuove strade percorribili e si confronta con la propria squadra alla ricerca di soluzioni creative.

Stimola il pensiero laterale proprio e quello degli altri, è sempre pronto ad accogliere nuove idee, ad alleggerire il clima pur riuscendo a trasmettere l’importanza di valori imprescindibili, come il rispetto, la collaborazione, l’etica professionale, l’astensione dal giudizio e così via.

Al momento giusto prende decisioni importanti anche se impopolari, è in grado di passare dalla ragione al cuore, empatizza al punto giusto e non si lascia sopraffare.

In poche parole, è colui/colei in grado di motivare un gruppo di persone a perseguire un obiettivo comune, è in grado di ispirare gli altri, di produrre idee, di fare valutazioni e di seguire le intuizioni, comunica tutto ciò in modo efficace e coinvolgente.

Insomma, Superman o WonderWoman?!

Leadership, intelligenza emotiva e intelligenza sociale

Se tutto ciò sembra impossibile da realizzare, può essere di grande aiuto il concetto di intelligenza emotiva, che negli ultimi decenni ha profondamente modificato l’idea statica che avevamo dell’intelligenza, considerata come una specie di dono del quale si è dotati o meno.

In realtà gli studi fatti negli ultimi 30 anni mostrano chiaramente che se l’intelligenza logico razionale è stata al centro dei contesti accademici, quella emotiva segna decisamente una svolta epocale nel coltivare le Human Skills e la Leadership.

Tutto è partito osservando persone senza una importante formazione accademica, che in realtà riuscivano a realizzare carriere brillanti, emergendo come Leader indiscussi in contesti eterogenei.

Quello che è emerso da questa osservazione è che queste persone presentavano delle abilità comuni, ovvero:

  1. La consapevolezza di sé
  2. La gestione di sé
  3. La consapevolezza sociale
  4. La gestione delle relazioni interpersonali

 

Tanto più un Leader è consapevole di sé, del proprio stato emotivo, tanto più è in grado di fare autovalutazioni precise senza cadere in sequestri emotivi. Maggiore sarà quindi la sua abilità di gestire sé stesso e gli altri. Se non è in grado di mantenere la calma, la lucidità in momenti di grande pressione, come potrà aiutare gli altri a fare altrettanto? 

Basando il lavoro sull’empatia e la collaborazione aumenta la consapevolezza rispetto all’organizzazione (consapevolezza sociale) che consente di ingaggiare e allineare le persone ad un purpose e a delle norme di comportamento condivise.

Infine, la gestione delle relazioni interpersonali, è ciò che consente una migliore gestione dei conflitti, che si trasformeranno in momenti di confronto costruttivo e di ispirazione che uniscono il team, fattore imprescindibile per lo sviluppo e l’innovazione del business. In questo modo i talenti tenderanno ad arricchire l’organizzazione, piuttosto che ad impoverirla andando via.

Cosa ci dicono le neuroscienze

Le neuroscienze oggi ci dicono che siamo programmati per connetterci, la struttura del nostro cervello lo rende socievole, soggetto ad un profondo legame cervello-cervello ogni volta che entriamo in contatto con un’altra persona. Le interazioni fungono da modulatori che influenzano l’attività cerebrale mentre orchestrano le emozioni. Ne derivano sensazioni che si ripercuotono per tutto il corpo, inviando cascate di emozioni che regolano i sistemi biologici, dal cuore al sistema immunitario. Le relazioni plasmano non solo le esperienze, ma anche le funzioni biologiche. Attraverso tale processo si può coltivare l’intelligenza sociale che permette l’evoluzione dei team e dell’organizzazione in eco-sistemi. 

Comprendere gli stili di leadership per comprendere sé stessi e scegliere quale agire

Per comprendere l’impatto della leadership sulle dinamiche del team e dell’organizzazione, ci è utile la letteratura degli ultimi decenni attorno alla Leadership. I maggiori Atenei e le più prestigiose Business School del mondo si sono cimentate in ricerche e studi approfonditi di un fenomeno che è sempre più oggetto di libri, articoli, corsi di formazione, coaching, mentoring e supervision.

Tra i fattori più studiati e approfonditi, rientrano le classificazioni degli stili di leadership, con lo scopo di comprendere quali caratteristiche comportamentali siano più funzionali all’esercizio di questa abilità.  

Pur esistendo diverse classificazioni, in questo articolo parlerò degli stili di Leadership teorizzati secondo gli studi di Daniel Goleman e il suo staff, che secondo me ben sintetizzano vantaggi e svantaggi della scelta di un unico stile.

Il Leader Visionario

Il leader visionario è in grado di spingere le persone verso un ideale comune, una meta da raggiungere, senza però indicare loro la strada, lasciando piuttosto ad ognuno la libertà di innovare, sperimentare e assumersi rischi calcolati. Conoscere un progetto nelle linee generali, comprendere il proprio ruolo, ma allo stesso tempo avere una certa libertà di azione, rende tutto più chiaro e coinvolgente, dove ci si sente parte attiva e non un mero esecutore.

La collaborazione tesse le maglie che collegherà le attività e le persone, le quali si sentiranno orgogliose e parte di uno scopo più grande.

Un altro punto di forza del leader visionario è la capacità di trattenere i talenti; sul lungo periodo i risultati verranno ottimizzati grazie alle scelte strategiche e agli obiettivi che il leader è in grado di scegliere in modo corale con i propri collaboratori. Secondo le ricerche è l’approccio più efficace, quello che spesso viene spiegato nelle Business School. È un leader capace di ispirare i propri collaboratori, non perde mai di vista i valori che sostengono le sue azioni e il suo Team.

È lucido, consapevole di sé, ha fiducia in sé stesso e negli altri, è in grado di accompagnare vere e proprie trasformazioni, anche cambiando radicalmente il volto di un’azienda.

Il limite di questo approccio è che non sempre il contesto richiede o concede al leader di essere visionario. È quello che succede ad esempio nei momenti di urgenza, dove può essere necessario uno stile più direttivo.

Il Leader Coach

Il Leader Coach: è l’arte del faccia a faccia. Avviando conversazioni con i propri collaboratori, il leader coach stabilisce un rapporto basato sull’intesa e la fiducia. Quello che viene definito bonding, un interesse genuino basato sulla fiducia per i componenti del proprio team, i quali non sono solo strumenti per eseguire un compito. Stabilisce un canale di comunicazione sempre aperto e costruttivo, dove c’è un continuo scambio, dare e ricevere feedback sulle performance è fonte di continua crescita e aggiustamenti/miglioramenti, senza che le criticità diventino insormontabili.

Il Leader coach aiuta i collaboratori a conoscere i propri punti di forza, le aree di miglioramento, mettendoli in relazione con le aspirazioni professionali, determinando così obiettivi chiari e piani d’azione. La delega è un’abilità molto sviluppata in questo approccio, il Leader coach non si sostituisce all’altro, piuttosto lo sostiene affidandogli incarichi incentivanti. Ha una spiccata inclinazione al problem solving, nonostante ciò, aiuta i collaboratori a sviluppare autonomia e senso di responsabilità. 

Purtroppo, non sempre ai manager viene concesso il tempo per coltivare questo tipo di approccio, che richiede molta preparazione e pazienza, ma che fornisce grandi risultati.

Il Leader Affiliativo

Anche in questo approccio il legame che si crea tra Leader e collaboratori è molto profondo. Per questo è il miglior stile per mantenere alto il morale dei collaboratori anche quando hanno a che fare con incarichi prosaici e ripetitivi. È un leader in grado di gestire i conflitti e di far lavorare insieme personalità diverse.

Il focus però è talmente sulle persone, che si perde un po’ troppo l’attenzione per le prestazioni e potrebbe passare il messaggio di tolleranza per la mediocrità. È sano evitare lo scontro ma non è sano evitare i confronti e dare i giusti feedback che possano far crescere le persone professionalmente. In genere se viene ben alternato con lo stile visionario si possono ottenere risultati considerevoli.

Il Leader Democratico

L’approccio del Leader Democratico funziona bene quando in una situazione critica il Leader non ha sufficienti elementi per prendere una decisione; quindi, la condivisione diventa un momento di confronto sano per valutare le alternative possibili e scegliere ciò che soddisfi, se non tutti, gran parte delle persone coinvolte.

Il Leader democratico ha un vero e proprio talento collaborativo, si integra perfettamente nel gruppo, senza sottolineare la componente gerarchica del proprio ruolo. Sa sedare i conflitti e creare armonia, l’empatia è così spiccata da risultare il collante in un gruppo eterogeneo. Un approccio del genere mostra i suoi limiti quando c’è una crisi che richiede una risoluzione rapida.

Anche se la narrazione dominante di questo periodo sembra elogiare particolarmente questo stile di leadership democratica (pensiamo a quanto se ne parla in tutti i canali di comunicazione), un eccesso di leadership democratica può penalizzare l’azione in quei momenti in cui è il leader a dover indicare in modo direttivo la strada da percorrere.

Il Leader Battistrada

Il Leader Battistrada propone ed esemplifica un elevato standard di prestazioni, il suo obiettivo costante è migliorare il proprio rendimento qualitativo ma anche la rapidità di esecuzione, pretende lo stesso dal suo team. Il focus spesso si sposta sulle prestazioni mediocri dei collaboratori, li considera non all’altezza della situazione e interviene in prima persona per sistemare le cose.

Il Leader battistrada tende a non dare linee guida chiare, convinto del fatto che gli altri sanno cosa fare, mettendo così sotto pressione il gruppo che sarà frustrato e meno produttivo. Tenderà a fare micro managing dei dettagli, intervenendo personalmente.

Un approccio di questo tipo evidenzia scarsa capacità comunicativa e di collaborazione, l’impazienza e le pretese porteranno i collaboratori a non esprimere il proprio potenziale. L’errore è farsi guidare solo dai numeri.

Tuttavia, è uno stile, che se usato con parsimonia in un momento di sollevamento da una crisi può dare una svolta, utilizzando un recovery plan, che deve poi lasciare il posto alle strategie del visionario.

Il Leader Autoritario

E’ il classico “Si fa così perché lo dico io!”, richiede obbedienza immediata senza spiegazioni. Così i feedback (sempre che siano previsti) sono solo sugli errori, elargisce raramente una lode, alla lunga erode il morale della squadra.

Mette a dura prova l’orgoglio e la soddisfazione, rendendo così i lavoratori demotivati e in preda alle lamentele costanti.

Ma nella giusta dose, può essere utile, in quelle situazioni in cui è necessario il pugno di ferro, non contro le persone ma ad esempio contro una cultura aziendale obsoleta e improduttiva. Ove necessario la fermezza può rappresentare una svolta, creare un effetto tonificante sempre sul breve periodo.

Adottare più stili di leadership con flessibilità

Quello che possiamo desumere attraverso l’approfondimento degli stili di leadership secondo Daniel Goleman, è che non esiste uno stile di leadership in assoluto migliore o peggiore di un altro, dal momento che ogni stile presenta caratteristiche più o meno funzionali alla situazione. Lo stile “vincente” è quindi quello che meglio si adegua al contesto. Considerando inoltre che i contesti in cui operano i leader oggi, sono mutevoli e cambiano anche più volte nell’arco della stessa giornata, la grande sfida di chi dirige team e aziende più o meno grandi, è quella di agire con flessibilità.

Si tratta, quindi di allenarsi alla varietà, di passare da uno stile di leadership ad un altro, partendo dalla riflessione e dalla consapevolezza del proprio agito.

Facile? Tutt’altro, soprattutto se si considera il che raramente i leader ricevono feedback puntuali dai propri collaboratori.

La tentazione (del tutto umana) di trincerarsi dietro al “io sono fatto così” resta quindi sempre dietro l’angolo. Ma è un lusso che un leader oggi non può più permettersi, se vuole guidare il suo team o la sua azienda al raggiungimento di obiettivi e risultati di valore.

In tutto ciò, un professionista come un coach qualificato e con esperienza, può aiutare un leader a riflettere, a guardarsi allo specchio e ad allenarsi a quell’alternanza di stili di leadership fondamentale per affrontare le sfide di oggi.

Meriti la miglior esperienza
per il tuo sviluppo.

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